Titolo: La stanza degli orologi
Autore: Angelo Mosè Bragagnolo
Editore: La Torre dei Venti
Collana: Borea
Pagine: 313
Prezzo: € 19,00
Uscita: 20 aprile 2022
Recensione
Ho voluto aspettare il momento giusto per gustarmi “La stanza degli orologi”, scritto da Angelo Mosè Bragagnolo e pubblicato da “La Torre dei Venti”.
La trama è assolutamente interessante e le mie alte aspettative mi hanno invogliato, fin da subito, a leggerlo, ma ho preferito ritagliargli il periodo più adatto. A questo punto, prima di tutto, voglio proporvi la splendida quarta di copertina:
“Ogni volta che piangi, ogni lacrima che versi è una goccia di te che regali a qualcuno. Piangi se sei felice! Regali le lacrime a te stesso. Piangi per qualcuno che se lo merita! Che le regali a lui. Ma non piangere se sei triste, perché tutti abbiamo solo un po’ di lacrime, e le dobbiamo usare bene. Se ora piangi, le regali a chi ti ha fatto male, è questo che vuoi?”
La scrittura dell’autore conquista fin dalle prime pagine, ma è continuando a leggere che ci si rende conto della profondità della sua penna e dell’intensità della storia.
Il protagonista, pagina, dopo pagina, diventa sempre più un amico e ci si affeziona a lui tanto da aver voglia di abbracciarlo in alcuni momenti in cui sembra aver bisogno di un incoraggiamento.
La storia è assolutamente originale e particolarissima, grazie anche ai passaggi riguardanti, appunto gli orologi di cui si cita nel titolo.
Il romanzo contiene pure dei riferimenti musicali, per esempio di due grandi autori che adoro: Ludovico Einaudi e Giovanni Allevi. La musica, indubbiamente, occupa un ruolo importante.
Il protagonista, tra i vari argomenti che affronta, racconta anche della sua famiglia, infatti si fa la conoscenza di alcuni suoi componenti, tra cui la madre e il nonno.
Devo ammettere che ci sono alcuni passaggi davvero molto intensi e che fanno fermare il lettore a riflettere su ciò che ha letto, ma anche per prendere una boccata di ossigeno. Io ne ho uno in particolare che ha risvegliato in me alcuni ricordi del passato e, quindi, mi sono trovato molto vicino al protagonista. Leggendo quelle due pagine mi sono venuti i brividi e le lacrime agli occhi.
Angelo Mosè Bragagnolo mi ha sinceramente conquistato con la sua bravura nel dar vita ad una serie di sentimenti e nel provocare determinate emozioni e riflessioni. Sono rimasto sbalordito e piacevolmente soddisfatto dal suo stile di scrittura, dallo svilupparsi della storia. Al suo interno troviamo un grande amore nel cuore del protagonista, una sua importante ed unica amicizia, oltre alla sua passione per la musica, in particolare per il pianoforte.
“La stanza degli orologi” è un libro pieno di vita, che va dai successi, alle sconfitte, dalle paure ai tentativi di riprendersi e di reagire. Il romanzo trasmette, a modo suo, anche una certa dose di speranza e di carica, partendo dalle proprie debolezze. Personalmente ho voluto dare questa mia interpretazione e visione, ma non anticipo altro proprio perché, essendo una lettura molto introspettiva, è buona cosa che ognuno di voi lo legga e si faccia conquistare dalla penna dell’autore. Sono certo che, ad ogni lettore, provocherà qualche sentimento e qualche ricordo: è proprio lì quindi che occorre scavare, riflettere ed emozionarsi. Spero di avervi un po’ incuriositi ed invogliati a leggere “La stanza degli orologi” di Angelo Mosè Bragagnolo. Inoltre vi consiglio vivamente di non perdervi la nota finale dell’autore. Quattro pagine semplicemente meravigliose.
Per concludere vi propongo l’incipit:
“Sai, ricordo ancora la prima volta che mi hai parlato. Profumavi di fragola. Avevi i capelli raccolti con un nastro rosso, e la frangia che ti dava fastidio e che continuavi a levarti dagli occhi con un rapido gesto della mano. Eri corsa al mio banco durante l’ora dedicata al disegno per la mamma e mi avevi chiesto in prestito il pastello verde che tenevo in mano. Profumavi di fragola e di miele. Ricordo di non averti risposto. Mi avevi toccato la spalla e io ero rimasto immobile a guardarti mentre ti sistemavi il grembiule rosa, fissando i tuoi occhi verdi e vivaci di una vivacità incontenibile, la tua bocca piccola e le tue guance rosse che ti facevano assomigliare a una bambola di porcellana.
Fu Stefano a strapparmi di mano il pastello e a dartelo. Credo sia stato quello l’inizio di tutto. Da bambino volevo essere come lui. Biondo, occhi azzurri. Un bambino spavaldo e pieno di vita che non aveva paura di nulla. Saltava dai posti più alti, correva più veloce e calciava il pallone più forte di tutti. Teneva in mano qualunque insetto o animale viscido o repellente che fosse…”
Trama
È una confessione serrata all’amore di sempre. Vuole spiegarle perché è andata così. Confidarle come non ha mai fatto, cosa è successo. Il protagonista, di cui non si conosce il nome, è ossessionato da un incubo: sogna di essere rinchiuso in una stanza bianca con le pareti ricoperte da orologi fermi che rappresentano momenti del suo passato.
Saranno proprio quegli orologi che gli faranno ricordare il bambino che era. Che gli faranno ricordare il primo incontro con l’unica ragazza che abbia mai amato, i giochi con l’unico amico che abbia mai avuto, gli insegnamenti del suo maestro di pianoforte. Ma ripercorrere quei ricordi lo porterà anche ad affrontare di nuovo tutte le sue paure, tutte le sue scelte e i suoi errori, facendogli rendere conto che, in fondo, ha sempre e solo cercato la risposta a un’unica domanda: è sufficiente un solo istante di felicità per riscattare tutta una vita?