La vita automatica

Titolo: La vita automatica

Autore: Christian Oster

Editore: Edizioni Clichy

Collana: Quai des Orfèvres

Pagine: 167

Prezzo: € 15,00

Uscita: 26 marzo 2019

Traduttore: Tommaso Guerrieri

Recensione

Ho accettato di leggere “La vita automatica” incuriosito dalla sua trama e appena l’ho iniziato mi sono accorto che mi avrebbe dato molto. Infatti la storia è veramente originale e varia ed il protagonista è sicuramente particolare nel suo modo di agire, nelle sue idee e per come considera gli eventi e le situazioni.

Questo libro, inoltre, potrebbe ricoprire più generi, un po’ giallo, un po’ romanzo, un po’ biografia. Almeno mi ha dato questa idea. Ho percepito questa interessante varietà che mi ha tenuto incollato alle pagine. Oltre alla vicenda, che viene narrata con pochi dialoghi ma sorprendentemente scorrevole, devo anche ammettere che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla scrittura di Christian Oster che è molto lineare, profonda ed avvincente.

Il protagonista, Jean, mi ha lasciato, a volte, senza parole per il suo modo di reagire a determinate situazioni e specialmente per il suo carattere così dosato, spesso calmo nonostante, magari, determinate situazioni in cui la maggior parte di noi si farebbe prendere dal panico, in questo caso ricordo la mitica scena iniziale dell’incendio che apre appunto il libro ed in cui Jean si prende pure il tempo, con grande tranquillità, per farsi la valigia ed uno zaino con le cose da prendere e da portare con sé. Già in questo suo comportamento dimostra che è una persona fuori dal comune e ci incuriosisce molto, invogliandoci a procedere subito con la lettura per scoprire che cosa accadrà e quali saranno le sue future azioni.

Vi segnalo ciò che c’è scritto in quarta di copertina perché trovo che sia perfettamente in linea col mio pensiero dopo aver letto il libro:

“Il genio inimitabile di Christian Oster consiste nel costringere i suoi personaggi in situazioni talmente strane da diventare coerenti e capaci di svelare gli aspetti più inconciliabili e devastanti della deriva e del naufragio delle esistenze” (Eric Chevillard – “Le Monde”).

Interessante è pure il rapporto che si crea con i personaggi con cui viene a contatto, in particolare con l’attrice France e con suo figlio Charles. Forse è proprio il fatto di far parte dal mondo della recitazione che permette a Jean di essere un personaggio così particolarmente affascinante nelle sue azioni, nel suo modo di comportarsi e nasce in noi la curiosità di sapere se è realmente come si mostra o se la sua vita è tutta una recita. Ebbene è anche questa la domanda che mi sono fatto spesso nel corso del libro.

“La vita automatica” è una lettura affascinante e sofisticata, specialmente, secondo me, per lo stile narrativo che incide molto nella vicenda. Lo consiglio se avete voglia di leggere una storia nuova, diversa dalle solite, originale e con un protagonista molto incisivo e psicologicamente interessante. Devo ammettere che il libro colpisce tanto e, nel bene o nel male, lascia sicuramente il segno.

Qui sotto vi riporto un passaggio, a mio avviso, molto significativo:

“…Comunque non avevo granché da temere da quel receptionist, per dire la verità il mio peggior nemico semmai ero io, ed era me stesso che dovevo affrontare, ma conoscevo i miei difetti e quindi ero in vantaggio…”

Trama

Tutto inizia con un incendio. Jean si è dimenticato di spegnere il fuoco sotto la pentola. Ne approfitta per dimenticarsi anche la propria vita, abbandonando la casa in fiamme. Attore di serie B, si contenterà di sopravvivere. I pessimi film che gira diventano il suo rifugio, la sua vita una specie di scenografia distante. La finzione cui è costretto per lavoro, l’unica possibile normalità.

In questo totale disincanto, Jean conosce France Rivière, un’attrice celebre, che gli offre di andare a vivere a casa sua. E poi il figlio di France, Charles, appena uscito dall’ospedale psichiatrico. Ed è con lui che Jean inizia il suo nuovo percorso, perdendo ancor più le proprie tracce e sprofondando in una strana assenza interiore. Come in molti romanzi e film francesi, in questo acconto che ha il ritmo e l’andatura del noir psicologico, accade che svoltando un angolo ci si ritrovi improvvisamente in un altro mondo che non c’entra niente con il prima, con noi stessi, con la nostra vita di sempre. E occorre entrarci, perché non si può più tornare indietro.

Oster, massimo narratore della paranoia e dell’inatteso, ci racconta una deriva, una perdita di sé, il mistero inconciliabile di ogni rinuncia alla vita, e soprattutto ci spiega cosa significa vivere dentro l’assenza quando l’assenza diventa perdita, rarefazione, opacità, impedimento a capire chi e cosa siamo diventati.

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