Intervista all’autore: Paolo Garrone

Buongiorno lettrici e lettori,

ho il grande piacere di proporvi il nuovo ospite dell’intervista. Si tratta di Paolo Garrone, autore del libro “La sorella di Silvia” pubblicato da “La Torre dei Venti”.

Per recuperare la mia recensione puoi cliccare tranquillamente qui!

Intervista

1 – Come è nata l’idea di scrivere il tuo libro “La sorella di Silvia”?

Dopo la morte di mio padre, un avvenimento che indubbiamente ha cambiato la mia vita, mi sono chiesto se esistesse qualche cosa che permettesse di razionalizzare un evento così forte e incomprensibile. Ho pensato che forse era meglio far finta di niente e continuare a vivere come tutti gli altri giorni della mia vita, ma, come ho scoperto a mie spese, non funziona, ci si sente lo stesso uno schifo.

Allora ho pensato che la letteratura potesse darmi una mano, e così un giorno ho incominciato a scrivere una storia incentrata sulla perdita della figura paterna, cercando di utilizzare lo stile più aulico ed elevato che potevo. Il libro veniva però malissimo: non ero davvero io a scrivere, anche se scrivevo di me, così non lo proseguii. Rileggendolo un paio di volte, dopo averlo abbandonato, mi accorsi che il mio errore era stato quello di fingere di essere un altro mentre lo scrivevo (forse per paura di apparire vulnerabile, forse per evitare di tirare fuori cose che volevo lasciare dentro), e capii che per narrare qualcosa di sensato avrei dovuto abbandonarmi alla massima sincerità possibile.

Così ho inventato una storia, raccontata da un ragazzo di 14 anni che rappresentava esattamente come mi sentivo io: piccolo, in preda agli eventi, perduto, impotente dinanzi all’immensità della morte.  Nonostante le normali difficoltà che si incontrano quando si scrive un racconto, la storia scorreva bene e mi sembrava che tutti i capitoli si legassero naturalmente l’uno all’altro. Bastava evitare finzioni macchinose o arzigogolii letterari volti solo a fare bella impressione, che la narrazione si sviluppava quasi da sola, e proseguiva senza troppi intoppi.

Da qualche notte insonne, dal desiderio di tornare ad essere un ragazzino senza problemi, e dalla consapevolezza che invece di problemi ce ne sono, è nato il libro “La sorella di Silvia”.

2 – Mi descriveresti il tuo romanzo con tre parole?

Musicale, divertente, malinconico.

3 – Ci puoi indicare un pregio e un difetto di Lorenzo e di Silvia?

Lorenzo è un personaggio cui è facile affezionarsi, e credo che rappresenti la parte bambina di ognuno di noi. Ha il pregio di portare a termine i progetti che si autoimpone, come studiare al liceo classico o recuperare l’amicizia tra Claire e Silvia. Il difetto di Lorenzo, complice anche la sua giovane età, è quello di sottovalutare gli ostacoli e le difficoltà che la vita interpone tra noi e i nostri obiettivi. Ma penso che sia proprio questo suo senso di leggerezza, e l’ingenuità accompagnata dalla tenacia, che consentono a Lorenzo di vivere appieno la vita e di fare delle belle esperienze con i suoi amici.

Silvia, invece, è l’ideale di perfezione cui Lorenzo aspira: è bella, è giovane, è una brava studentessa. A differenza di Lorenzo è molto più concreta, tant’è che è l’unica a mostrarsi dubbiosa ogni volta che Lorenzo le parla delle sue avventure. Per quanto riguarda i difetti, il romanzo si incentra sul litigio che ha allontanato Silvia da Claire e, quindi, si potrebbe dire che il difetto di Silvia consista nell’essere troppo rigida nelle proprie amicizie.

4 – Quali sensazioni hai provato mentre scrivevi il romanzo?

Gioia nel descrivere le avventure di tre ragazzi che vivono la vita appieno, con l’intensità e le emozioni che solo gli anni del liceo sanno dare. Anche io talvolta ho riso scrivendo le disavventure dei protagonisti. Ho provato però anche tristezza, perché il libro parla del senso di perdita che un ragazzino, in cui è facile riconoscersi, non ha idea di come vada affrontato.

Credo, però, che alla fine il romanzo lanci anche un messaggio di speranza, che io stesso ho provato mentre scrivevo gli ultimi capitoli.

5 – Hai trovato qualche difficoltà durante la stesura?

Sicuramente sì. Più che altro perché, lavorando fino a tardi, mi riducevo sempre a scrivere la sera o in pausa pranzo. Inoltre, prima di scrivere, cercavo sempre di immergermi completamente nella realtà dei protagonisti del libro, in modo tale che la mia funzione non fosse quella di “creatore” di una storia, ma di fedele “descrittore” di ciò che immaginavo stesse capitando. E non sempre, nel poco tempo libero che avevo a disposizione, era facile abbandonarmi a questa forma di trance artistica.

6 – Scaletta sì o scaletta no e come ti sei organizzato per la stesura?

Dipende. A me piace tracciare una linea molto vaga e permettere alla storia di procedere per il suo sentiero, che può anche cambiare man mano che la narrazione avanza. So come la storia inizia e so come finisce, il resto lo decidono i personaggi e gli incontri che fanno. Un po’ come facevano alcuni, grandissimi, autori classici, come Jack Kerouac. Altri autori, invece, penso a J.K. Rowling, preferiscono utilizzare una scaletta, talvolta anche molto rigida, e costruire le storie in modo più razionale.

Con questo tipo di racconto, secondo me, era necessario dar voce al subconscio, ai sentimenti e alle paure inespresse che cerchiamo di seppellire nella quotidianità, e consentire alla mia parte più istintiva di prendere la direzione che voleva.

7 – Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo libro?

Non penso ci siano aneddoti su questa storia. Forse, un particolare che ha colpito qualche mio amico e collega, è che la primissima parte del libro che ho scritto fosse il finale. Poi, una settimana dopo, mi sono venute in mente alcuna battute che trovavo divertenti, e così ho scritto alcune righe del primo capitolo. Dunque, potremmo dire che tutta la storia del romanzo “La sorella di Silvia” si è sviluppata partendo dal finale.

8 – Come ti descriveresti con tre aggettivi?

Cerco e spero di essere una persona ironica, curiosa ed empatica.

9 – Quali sono le tue passioni e hobby?

La mia passione è la musica, in tutti i suoi generi. In questo periodo ascolto soprattutto Rock ed Elettronica. E poi, naturalmente, l’Hip-Hop, che non a caso è il genere preferito di Lorenzo, il protagonista del romanzo.

Mi piace molto anche scrivere, che è un modo per mettersi in contatto con la parte più vera della vita, lontani dal frastuono degli impegni quotidiani, e cercare, se si riesce, di coglierne il senso. A lavoro scrivo, ma in modo scientifico, legale, burocratico anche se cerco sempre di far scorgere l’emotività tra una parola e l’altra. Ma in modo elegante, senza urlare, come insegna Piero Calamandrei. Alle volte lo faccio come tecnica di persuasione e di convincimento, altre volte solo per rendere più umana la mia difesa.

Amo anche la letteratura. I miei autori preferiti sono Louis-Ferdinand Céline, autore di quel capolavoro dal titolo “Viaggio al termine della notte”, Philip Roth con “Pastorale americana” e Kazuo Ishiguro, con tutto quello che fa. Ecco, se riuscissi a creare nel lettore le stesse emozioni, o anche solo lontanamente simili, che provo io quando leggo alcuni passi di “Non lasciarmi” o di “Quel che resta del giorno”, penso che potrei sentirmi davvero realizzato come autore esordiente.

10 – Infine una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?

Sto leggendo “Gli inconsolabili” di Kazuo Ishiguro, e l’ho quasi finito. Ogni volta che leggo un suo libro mi chiedo come faccia ad essere così maledettamente bravo. Ma sto anche leggendo diversi libri di alcuni autori esordienti, come quello di Nicola Brami, autore di “Tutti se ne vanno” e di Marco Bosio, autore di “Monte uccellino”, entrambi scrittori bravissimi e con i quali ho avuto il piacere di scambiare qualche chiacchiera.

Ho poi finito da poco il romanzo di Francesca Piazza, dal titolo “Sono stata nella giungla”, incentrato sulle difficoltà che una giovane donna incontra nel mercato del lavoro moderno. Tutte dimostrazioni che spesso, nel panorama dell’editoria italiana, sono gli autori esordienti a rivelarsi delle splendide scoperte.

Biografia

Sono Paolo Garrone, nato il 14 ottobre 1990 a Torino.

Al liceo ho frequentato il Liceo Classico Cavour, dove ho trascorso anni bellissimi. In quel periodo ho incominciato ad appassionarmi di musica Hip-Hop – ricordo la prima canzone di cui mi innamorai, Numb/Encore di Jay-Z e dei Linkin Park – ma anche di cinema, grazie ad un amico che ora recensisce film, e di letteratura americana. Erano anche gli anni in cui sentivo l’impulso di dover lottare per una causa, nonostante non sapessi bene quale, e allora ho approfondito la vita di attivisti per i diritti civili come Malcolm X, Martin Luther King e, in Sudafrica, Nelson Mandela. Dopo il diploma, è stato naturale per me studiare giurisprudenza, anche su consiglio di una cara amica che non riusciva a vedermi fare altro.

Dopo 5 anni di studi interessantissimi, mi sono laureato con una tesi sul processo civile e, dopo la pratica forense, ho superato l’esame da avvocato.

Nei primi anni di esercizio della professione ho lavorato in un rinomato studio legale di diritto civile torinese. Un’esperienza bella e formativa: scrivevo atti, facevo udienze e difendevo associazioni ambientaliste. Poi, dopo circa 4 anni, ho cambiato studio e ho incominciato a lavorare in uno studio di diritto internazionale.

Come spiegherò nell’intervista, è solo negli ultimi anni che ho avvertito l’esigenza di scrivere delle storie. Ho iniziato con “La sorella di Silvia”, ma penso – e spero – di poter pubblicare anche altre opere in futuro.

Ti ringrazio di aver partecipato all’intervista.

Alla prossima!!!

Gabrio

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