Intervista all’autrice: Gaia Micolucci

Buongiorno a tutti !!!
Questa settimana l’ospite del momento dedicato all’intervista è Gaia Micolucci, autrice del libro “Riccardo, la Pandàfeche ed io” edito Robin Edizioni

Se volete leggere anche la mia recensione potete cliccare qui.

Intervista

1 – Come è nata l’idea di scrivere il tuo libro “Riccardo, la Pandàfeche ed io”?

Forse ti sorprenderà sapere che questa è la domanda più complessa che potessi pormi, perché questo romanzo non è nato a tavolino, ma soprattutto non è nato una volta sola.

L’archetipo del personaggio di Victor, il narratore della storia, è emerso nella mia mente per la prima volta nel 2008 o 2009. A seguito della riforma dell’allora ministro dell’istruzione Gelmini, si organizzarono moltissime manifestazioni e occupazioni studentesche in tutta Italia, quell’anno. Il mio liceo rimase sotto il controllo degli studenti per quasi un mese intero e molti di noi decisero di sfruttare l’occasione per tenere piccoli corsi di cinema, danza, trucco, parità sociale, teatro e dibattiti. Io ne frequentai un paio, ma poi passai il resto del tempo a esplorare ogni singola stanza in cui non ero mai entrata prima.

Fu così che trovai l’archivio della scuola: pieno di romanzi, antologie, raccolte e manuali rovinatissimi, spaginati e impolverati, più altri documenti che non suscitavano il mio interesse. Nascosto proprio in cima a uno scaffale, trovai un piccolo volume sorprendente, l’ultima cosa che mi sarei aspettata. Mi dispiace deluderti Gabriele, ma non era un codice raro o una qualche prima edizione: era un romanzo erotico. Fu lì che immaginai per la prima volta una persona con una stanza segreta interiore in cui nasconde tutto ciò di cui ha vergogna o che lo spaventa.

Comunque, non scrissi la storia di questo personaggio fino al 2013, anno in cui una ragazza organizzò un contest sulle fobie in un forum e io decisi di partecipare con un racconto sull’omofobia. In meno di due settimane, in pieno agosto, scrissi ogni giorno, quasi freneticamente e senza pause, fino a produrre un romanzo breve di 35.000 parole intitolato “La Banalità dell’Omofobia”. Era veramente aberrante, frettoloso, pieno di imprecisioni e refusi e anche un po’ pretenzioso, ma la storia piacque lo stesso a diversi utenti della piattaforma in cui la pubblicai.

Una ragazza mi scrisse addirittura di aver trovato il coraggio di rivelare la propria omosessualità ai suoi genitori proprio grazie al mio racconto e fu proprio questo messaggio stupendo a spingermi a editare “La Banalità dell’Omofobia” e pubblicarla anche su Wattpad, una piattaforma su cui scrivo ancora, occasionalmente.

Qui, cominciai a ricevere parecchi commenti di utenti che avrebbero voluto avere un cartaceo del mio romanzo, ma fu solo dopo parecchi anni, nel 2017, che mi decisi a riprendere in mano per la terza e ultima volta la storia di Victor e Riccardo, riscrivendola e trasformandola radicalmente, fino a renderla il libro che potete leggere oggi.

Insomma, in un certo senso, si può dire che “Riccardo, la Pandàfeche ed io” non sia mai realmente nato, ma piuttosto è andato evolvendosi nel corso degli anni e la sua primissima versione è molto diversa dall’ultima. È una storia che è cresciuta insieme a me, accompagnandomi per un decennio.

2 – Mi descriveresti il tuo romanzo con tre aggettivi?

Direi che è innanzitutto introspettivo, non solo perché Victor narra in prima persona gli eventi della sua storia personale, ma anche perché il suo viaggio interiore e la sua evoluzione da ragazzo a uomo sono il fulcro attorno a cui ruota tutto il resto.

Il secondo aggettivo è colorato. Questo romanzo, infatti, presenta molte sfumature (di stile, significato, linguaggio, temi…). Non è in “bianco e nero”, per citare uno dei miei capitoli preferiti, e ogni singolo lettore può scegliere di dare più importanza alla sfumatura che la sua sensibilità personale preferisce.

Infine, mi permetto di scegliere un sostantivo piuttosto che un aggettivo: questo romanzo è una droga. Ho ricevuto commenti, messaggi e tag, sui social, da parte di persone che dicevano di averlo letto tutto d’un fiato, nel giro di poche ore, e ci sono persino alcuni dei miei followers di vecchia data che lo hanno riletto più volte.

3 –Un pregio e un difetto di Riccardo, il protagonista

Se mi avessi chiesto quelli di Victor, sarebbe stato molto più facile rispondere! Fra i vari pregi di Riccardo, quello per cui viene apprezzato maggiormente dai suoi amici è sicuramente la sua empatia. Riccardo è caratterizzato una intensa quanto segreta e, a prima vista, insospettabile sintonia con gli altri esseri umani.

Riccardo ha il dono di intuire cosa si cela nell’animo delle persone e, naturalmente, desidera che coloro che ama possano essere felici. Questa medaglia, tuttavia, ha anche un rovescio, che è un difetto di cui lui stesso è consapevole e che suscita in lui una certa ansia.

Grazie a questo suo intuito, infatti, Riccardo ha un’idea piuttosto precisa di cosa sia meglio per gli altri e questo, talvolta, può spingerlo ad agire subdolamente in modo tale che gli altri facciano ciò che lui pensa sia meglio per loro.

 4 – Quali sensazioni hai provato mentre scrivevi questo libro?

Questa risposta potrebbe essere deludente o interessante, a seconda dei punti di vista. Quando scrivo, l’unica emozione che provo è un senso di liberazione. Riesco a farlo bene solo se so che nessuno verrà a interrompermi o a parlarmi, perché quando scrivo è come se mi trovassi in uno stato di trance.

La storia fluisce da dentro di me in maniera del tutto spontanea e non mi interrompo quasi mai. In un certo senso, è rilassante, è come scaricare a terra un grandissimo peso, grammo per grammo, parola dopo parola. Alla fine, mi sento più leggera e in pace con me stessa.

Tuttavia, devo dire che rileggere ed editare certe parti non è affatto facile. Con questo romanzo è stato particolarmente impegnativo ricontrollare tutte le scene in cui si narravano aggressioni o attacchi di stampo omofobo. Devo ammettere che utilizzare certi termini dispregiativi non è stato facile e non l’ho fatto a cuor leggero, anzi.

5 – C’è un passaggio o un capitolo a cui sei più legata e ti va di raccontarcelo?

Personalmente, il mio brano preferito è l’ultima sezione del capitolo ventuno (Esami e imprevisti), poiché esplicita quello che è il messaggio principale della storia… Ma che gusto ci sarebbe a leggere il romanzo, poi, se raccontassi proprio quella parte?

Preferirei piuttosto, raccontarvi del primo regalo di Victor per Riccardo. Per qualche ragione che nemmeno lui ha ben chiara, Riccardo è un personaggio che tende a ricevere molti doni da parte dei suoi amici. Il suo preferito, però, è senza dubbio la Rosa di Gerico che Victor gli dona nel capitolo quattordici. Un capitolo delicato e pieno di tenerezza, in cui si parla della morte, del lutto, dell’affetto e della resurrezione, in un certo senso. E la Rosa di Gerico è proprio il simbolo di questa reincarnazione: una pianta del deserto in grado di resistere a mesi e mesi di siccità, durante i quali assume un aspetto secco e morto; ma appena cade un po’ di pioggia, ecco che le sue foglie si rinverdiscono e i suoi rami si ridistendono.

Credo sia un simbolo potente e forse anche adatto al periodo che stiamo vivendo da un anno a questa parte.

6 – Puoi anticiparci se hai in progetto un altro libro?

La risposta è sì, certamente! Sarà un romanzo fantasy, preludio di una lunga serie che pubblicherò sia in italiano che in inglese, nel corso dei prossimi anni. Tuttavia, ho anche in programma di riprendere la storia di Victor e Riccardo per chiudere tutte le porte che ho lasciato socchiuse e dare un significato più ampio e profondo alla loro esistenza.

7 – Come ti descriveresti con tre aggettivi?

Il primo è sicuramente riservata. Poche persone possono dire di conoscermi davvero e persino con queste ultime raramente dico quello che penso, poiché quasi sempre ne scaturiscono fraintendimenti e incomprensioni.

Il secondo è senza dubbio ambiziosa. Ho un’idea abbastanza chiara di cosa voglio creare e condividere e cerco di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo per poter realizzare ciò che ho in mente.

Per quanto riguarda il terzo, tutti mi dicono che sono strana, ma il perché bisognerebbe chiederlo a loro.

8 – Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo romanzo?

Una volta, ricevetti un messaggio critico nei confronti del romanzo che mi infastidì particolarmente. In breve, la persona che mi scrisse si lamentava del fatto che io avessi utilizzato parole offensive, come ad esempio degli insulti omofobi, in svariate scene. Ciò che mi irritò fu il fatto che questa persona sembrava quasi suggerire che mi fossi divertita a farlo e mi invitava a usare un linguaggio più educato.

Naturalmente, ho risposto che non potevo farlo e che per me non era stato affatto facile scrivere certe parole.

Il fatto è che certe cose non si possono edulcorare. Le persone LGBT, le donne, gli ebrei, gli uomini e le donne di colore, chi ha qualche chilo di troppo, i disabili, chi ha una certa fede religiosa, o chiunque altro venga percepito come diverso o inferiore in una data società subisce (talvolta quotidianamente) atti di violenza di vario tipo. Si va dalla “semplice” discriminazione, passando per gli insulti e finendo, poi, con vere e proprie aggressioni fisiche. Tutto questo, se lo si vuole narrare e portare alla luce, non può essere censurato o “perbenificato”, nemmeno dal punto di vista linguistico.

Chi desidera offendere queste categorie sceglie determinate parole e, per quanto possa essere brutto e fastidioso scriverle o leggerle, non si possono ammorbidire o cambiare, se si vuole mostrare fino in fondo la piccolezza, la frustrazione, la paura e a volte persino la pateticità di questi odiatori. Nonché il disagio che devono affrontare le loro vittime.

9 – Ti sei ispirata a qualche autore per la stesura del tuo libro e quale ammiri maggiormente circa il genere da te trattato?

Non credo di essermi mai ispirata consciamente a qualcuno. Le storie che racconto si formano dentro di me spontaneamente (naturalmente, ognuna di esse verrà riletta ed editata più volte, dopo la prima stesura) e non sto a domandarmi da dove venga l’ispirazione. Mi piace lasciare che questo rimanga un mistero anche per me.

Tuttavia, se ripenso al 2013 e a cosa stavo leggendo quell’anno, forse c’è un romanzo di formazione che può aver influenzato “Riccardo, la Pandàfeche ed io”. Giusto un paio di mesi prima di quelle due frenetiche settimane di agosto, avevo dato un esame di Lingua Inglese per il quale avevo dovuto leggere “Some day this pain will be useful to you” (Un giorno questo dolore ti sarà utile) di Peter Cameron. Un bel libro che consiglio a tutti i giovani adulti e che, probabilmente, ha influito sul mio romanzo.

 10 – Infine una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?

L’ultimo acquisto cartaceo è stato “Il mondo nuovo” e “Ritorno al mondo nuovo” di Huxley, ma non ho ancora avuto tempo di leggerlo, perché mia sorella mi ha regalato per Natale un bellissimo cofanetto in lingua originale di Harry Potter e, al momento, sto finendo quello.

Biografia

Nata a Lanciano nel 1992, Gaia Micolucci ha studiato Lingue e Letterature Straniere (più precisamente, Inglese e Portoghese) all’U.d.S. Gabriele D’Annunzio. Scrive e pratica Judo da quando aveva dodici anni. Oggi, insegna quest’arte marziale e parla di libri e di scrittura sui suoi canali social. Ha, inoltre, una vera passione per i tipi psicologici junghiani, di cui discute principalmente su YouTube.

Grazie di aver partecipato

Alla prossima

Gabrio

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