Titolo: Marchio di fabbrica
Autore: Domiziano Pontone
Editore: Robin Edizioni (Robin Edizioni – Biblioteca del Vascello)
Collana: Le giraffe noir
Pagine: 272
Prezzo: € 8,51
Uscita: 7 settembre 2020
Citazione (scelta da me)
“Poche volte capita di percepire la presenza del Male. Male inteso come manifestazione dell’abisso, di quell’abisso che, recuperando la schiacciante osservazione di Nietzsche, guarda dentro chi lo guarda. Scruta, indaga, scava. E scopre l’orrore. Poche volte si percepisce quella strisciante presenza quasi edenica del serpente fattosi carne che avvolge tra le spire, pronto ad avvelenare tutto.”
Recensione a cura di Loredana Coppini
Un Male irrefrenabile, un truce e acuto assassino tormenta la quiete delle cittadine bavaresi e non si risparmia di varcarne i confini per soddisfare la sua fame di folle giustizia. Un lucido e crudele disegno punitivo svelerà il piano di un serial killer che castiga e sevizia le sue vittime, riducendole a corpi inermi e indelebilmente tatuati: un numero che diviene stigma disumanizzante e presagio di morte. Un uomo con una mente perversa e ottenebrata da feroci ideali, retaggio di un passato non ancora estinto. Dietro una scia di cadaveri marchiati in ordine progressivo si scoprirà l’enigma che metterà a dura prova le indagini dell’ispettore Losstier e dei suoi bizzarri colleghi; un sanguinoso rebus che li getterà in un ginepraio di ipotesi, dubbi, errori e buchi nell’acqua che non escluderà sottesi e impensabili legami.
Marchio di fabbrica di Domiziano Pontone è un romanzo dalle sfumature noir che emerge soprattutto per il carattere realistico, irriverente e volutamente scanzonato tipico di una certa qualità di poliziesco e dell’hard boiled. Personalità eccentriche e singolari animano i dialoghi e l’andamento delle vicende in una Baviera minacciata dalla presenza di un fanatico omicida seriale che incuriosisce per gli accenti sulla sottile e ossessionata psicologia. Cruenti uccisioni ed eccessi di pungente e beffarda ironia sono le chiavi di volta che cadenzano il ritmo di questa lettura.
Attraverso molteplici riferimenti cinematografici, tra cui il capolavoro di Spielberg, Schindler’s list, al quale forse un po’ strizza l’occhio questo libro, l’autore sfoggia in rassegna la sua cultura di buon cinefilo e tratteggia i contorni di un convincente criminale che, a braccetto con la storia, si comprende esclusivamente tra le sue righe.
Marchio di fabbrica è un thriller investigativo cupo e sarcastico; un’idea narrativa interessante che, a tratti, potrebbe destare qualche incoerenza e forzatura.
TRAMA (seconda di copertina)
“Nel quieto entroterra della Baviera viene ritrovato un cadavere con un singolo numero tatuato sull’avambraccio. Un trio di poliziotti, capitanati da un commissario sanguigno, inizia a indagare, mentre il numero dei morti incrementa, con inquietanti caratteristiche che portano a pensare a uno specifico piano criminale. Col procedere degli assassinii e con l’incapacità della polizia di trovare il bandolo della matassa, la pressione diventa sempre maggiore fino a quando, per caso, emerge un particolare che pare tracciare un primo accenno di logica nell’operare dell’omicida seriale. Tuttavia, il progetto criminoso sarà molto più efferato e perverso di quanto le forze dell’ordine possano immaginare e inizierà una corsa contro il tempo avente in palio le vittime prescelte.”
(Citazione quarta di copertina)
“… avete notato come i giornali immediatamente usino la parola mostro per descrivere un soggetto simile? […] Ma se non usciamo da questo ricatto emotivo e da questo livellamento comunicativo tendente al basso, non entreremo mai nella sua testa.”