Storia delle mie ossa

Titolo: Storia delle mie ossa

Autore: Francesco Leto

Editore: Mondadori

Collana: Scrittori italiani e stranieri

Pagine: 167

Prezzo: € 18,00

Uscita: 25 gennaio 2022

Recensione

Con grande sorpresa e piacere mi è capitato di leggere il nuovissimo libro di Francesco Leto: “Storia delle mie ossa”, pubblicato dalla casa editrice “Mondadori”.

Grazie a ciò, ho scoperto un autore da tenere assolutamente d’occhio perché la sua scrittura è molto particolare ed affascinante, diversa da qualunque altra.

Questo romanzo, a mio parere, va letto assai lentamente per gustarlo al meglio, per assaporare, oltre alla storia narrata, anche la scrittura dell’autore.

All’interno di “Storia delle mie ossa” troviamo una specie di biografia, che è originale e diversa dalle solite, ciò è dovuto anche dallo stile narrativo. I protagonisti sono chiamati per soprannome, infatti la madre del protagonista è la Rossa; la vicina di casa è la Pungolatrice e sua sorella viene chiamata la Sorella Rivale (questo nome fa intuire il loro rapporto). Poi ci sono altri personaggi come, per esempio, la Sarta.

Man mano che si legge, si scopre che, oltre ad essere una biografia, è pure un libro di formazione intenso e profondo. Francesco Leto ha il potere, con la sua penna, di ammaliarci, di conquistare la nostra attenzione e di tenerla sempre viva durante i vari capitoli, dall’inizio alla fine.

A mio parere c’è come un effetto ipnotico verso il lettore, infatti non vedevo l’ora di ritagliarmi del tempo per tornare ad immergermi tra le sue pagine e a riprendere la storia. Inoltre, una volta che si è all’interno dei capitoli, è difficile staccarsene. Tutto ha un suo fascino particolare, misterioso che arriva al lettore facendogli provare determinate sensazioni ed emozioni.

Durante la lettura ci sono dei passaggi particolari, molto ben scritti e diversi aneddoti interessanti e curiosi. Tutto è assai curato e dettagliato,  inoltre anche le varie descrizioni sono precise e spesso affascinanti. Posso ammettere di essere rimasto sorpreso positivamente da questo romanzo, sia per la storia davvero originale, che per la scrittura moderna, fresca e frizzante.

Quindi vi consiglio caldamente “Storia delle mie ossa” di Francesco Leto, se desiderate leggere un romanzo con un fascino particolare, se volete essere ammaliati da una scrittura in grado di conquistarvi e di sorprendervi.

A tale proposito vi propongo l’incipit:

“Non c’è morale né favola in questa mia storia, circostanza che rende, per parte mia, tutto più arricciolato e bizantino nonostante non mi difetti l’estrema franchezza. Tuttavia non intendo essere d’insegnamento a nessuno, men che meno disvelare alcuna verità.

Non sono, le mie, né confessioni né disposizioni testamentarie, e se lo fossero mi sbarazzerei dall’impiccio in poche righe: ho cercato l’amore nei parchi ma ho trovato solo una tenera panchina a Villemanzy. Quanto alle mie sostanze, ossia il mio corpo e il suo fragile scheletro, mi rimetto al buon cuore degli eredi perché, in polvere o a pezzetti, lo gettino in mare.

Non potrei che scrivere la mia storia. Non sarei capace di farcire di fanfaluche qualsivoglia storiella, e se decidessi di morire per mano altrui fin dalla prima pagina friggerei dall’impazienza e vi farei il nome del mio assassino già alla seconda. Ho la bocca troppo insolente e non riesco a te nere nulla per me…”

Trama

Storia delle mie ossa è un’opera lunare, ironica, struggente. Un incontro fra il Tristram Shandy di Laurence Sterne e le creature innocenti e inquietanti di Tim Burton. A fare gli onori di casa è un narratore sbrigliato e impavido, introverso ed egocentrico a un tempo, determinato a raccontarci tutto di sé, a partire dalla sua educazione sentimentale in un paese fuori dal tempo, immobile e mitologico.

Un’infanzia vissuta nell’assenza del padre e accompagnata da un trittico di donne che si sono prese cura, ognuna in modo inusuale, di un bambino pelle e ossa che fin da subito ha cercato di intercettare i tranelli dell’amore. E se è vero che impariamo l’amore da chi ci sta intorno, il protagonista dovrà carpirlo da Euridice, eterna donna bambina che si incanta davanti al poster di Luis Miguel. Dalla Pungolatrice, negoziante arcigna e lunatica, che centellina soldi e carezze. Dalla madre, la Rossa, un’eccentrica insegnante di francese col pallino dell’aerobica e del giardinaggio, i cui fiori però non fioriscono mai…

In un ben orchestrato contrappunto tra rievocazione del passato e presente in Francia, dove dà lezioni private di italiano a un ragazzo di cui è segretamente innamorato, il bambino, ormai adulto, capisce di essere un rifugiato sentimentale, sempre alla mercé di un amore che si fa ossessione e frenesia e di un tempo interiore che passa dal “fu” al “sarà” in un batter di ciglia. È sulla sua panchina assolata nel parco di Villemanzy – meta di interminabili passeggiate da flâneur contemporaneo – che il protagonista vive la propria epifania: nemmeno l’amore è un assoluto senza incrinature e diventa parodia di se stesso, perché ogni amore è furioso e insieme ridicolo..

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