Intervista all’autore: Maria Caterina Basile

Ciao a tutti,

oggi è Maria Caterina Basile, autrice del libro “Nostalgia di cartapesta” edito da “Augh!”, la protagonista dell’intervista. Per leggere la mia recensione potete cliccare qui.

Biografia

Maria Caterina Basile è nata a Taranto nel 1981. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università del Salento. Sue liriche sono apparse su diverse antologie e sulla rivista Gradiva, International Journal of Italian Poetry (Stony Brook, NY, 2011).
È autrice di Timothy Leary. La religione della coscienza dalla rivoluzione psichedelica ai rave (Alpes Italia, Roma, 2012) e di Vita di paese (Nulla Die Edizioni, 2017).
Attualmente vive in provincia di Lecce.

1 – Da cosa è nata l’idea di scrivere il libro?

“Nostalgia di cartapesta”, così come il mio primo romanzo, “Vita di paese”, nasce come un atto d’amore verso il Sud, la mia famiglia, la mia terra non solo d’origine, ma anche di adozione, il Salento, dove vivo ormai da 17 anni.
Alla base vi è la volontà di opporre, ad una società che ha perduto ogni senso di comunità ed in cui ognuno si considera estraneo al destino degli altri, l’umanità nella sua essenza più vera, primitiva, selvaggia, naturale e non artificiale, costruita, robotica.
Salvatore ha un senso di nostalgia per un mondo che sta scomparendo, ma che non si lascia dimenticare: egli è insomma alla ricerca di una bellezza imperitura che sappia adattarsi anche al presente, consapevole che “Non esiste successo terreno che dia la felicità il benessere delle piccole cose eterne”.

2 – Un pregio e un difetto di Salvatore e di Maria Elena?

Salvatore non riesce a fare a meno di osservarsi vivere; ciò fa sì che si isoli dal mondo esterno, rifiutando la condizione di adulto e cadendo preda di un profondo senso di smarrimento e di impotenza. Tuttavia, individuando come unica soluzione possibile l’accentuazione della sua diversità, egli cerca nella sua vita interiore, nel suo spingersi verso il misterioso “al di là” delle cose, un risarcimento alla sua frustrante condizione.
Maria Elena è una ragazza semplice, che desidera una vita svincolata dalle apparenze; un suo difetto, vista la giovane età, potrebbe essere quello di fuggire da alcuni problemi invece di affrontarli.

3 – Mi descriveresti il tuo libro con tre aggettivi?

Intimo, spirituale, introspettivo. Ho espressamente voluto, anche per il primo romanzo, che la trama fosse un filo sottilissimo, una specie di pretesto per narrare l’interiorità del personaggio che, avendo già deciso di “guarire”, è colto nel momento del cambiamento, del “salto”. Questo perché da sempre, quando leggo un romanzo, sono alla perenne ricerca delle parti poetiche (che sottolineo ed evidenzio). Ovviamente si tratta di un parere soggettivo, ma posso umilmente affermare che, nel mio piccolo, ho provato a scrivere i libri che vorrei leggere.

4 – C’è un motivo per cui hai deciso hai scelto la professione del cartapestaio?

Il cartapestaio rappresenta, simbolicamente, l’uomo artefice del proprio destino. Ognuno di noi, se lo desidera, può costruire e trovare la propria felicità. Non è un caso che una delle epigrafi che ho voluto apporre sulle prime pagine del libro appartenga all’ultimo dramma di Luigi Pirandello, “I giganti della montagna”. Si tratta di una citazione del protagonista Cotrone, il mago che, connettendosi idealmente alle scoperte di Mattia Pascal e di Vitangelo Moscarda, abbandona per sempre la realtà, affermando non solo di credere agli Spiriti, ma addirittura di crearli, “con la divina prerogativa dei fanciulli che prendono sul serio i loro giuochi”, dando così vita ad una “realtà meravigliosa”, alienato da tutto, “fino agli eccessi della demenza”. Dalle sue parole traspare una scelta ben precisa, quella di inventare la verità, infondendo nella realtà, al fine di renderla vivibile, la magia e l’incanto, la libertà dei sogni. Nell’opera pirandelliana vi è una particolare insistenza sull’urgenza che l’uomo contemporaneo ha di riscoprire l’ingenuità e la naturalezza proprie dei bambini, i quali prendono i giochi seriamente, sostituendo spontaneamente l’immaginazione alla realtà. Cotrone sceglie dunque di rifugiarsi in un mondo alternativo, appartandosi da quello dei Giganti, potenti creature che rappresentano il potere, la realtà industriale moderna (e probabilmente il regime fascista). Allo stesso modo, Salvatore trova rifugio nella bottega dell’anziano prozio, un luogo in cui “è custodito il segreto di una felicità puerile e favolosa, dell’ebbrezza dei sogni dell’infanzia” e “l’invisibile” prende vita “dalla paglia, dallo spago, dalla carta”. Lì può respirare, appunto, “aria favolosa” e le sue paure vengono finalmente esorcizzate nel prodigio della creazione, non solo di statue e sogni, ma della sua stessa vita.

5 – Come ti descriveresti usando un paio di aggettivi?

Introversa ma decisamente allegra.

6 – Puoi anticiparci se hai in progetto un altro libro?

Sì, ci sto già lavorando, è la biografia “poetica” di un personaggio famoso, che ho sempre molto amato.

7 – Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo libro?

Ci sono un paio di episodi interamente frutto della mia fantasia che sono poi accaduti realmente.

8 – Oltre alla scrittura quali sono le altre tue passioni?

La musica ed il cinema.

9 – Quali sono i tuoi autori e libri preferiti: puoi citarmene un paio?

Amo molto i classici, Pirandello, i poeti “beat”, Whitman. Uno dei miei libri preferiti è, senza dubbio, “Canne al vento”, di Grazia Deledda.

10 – Infine una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?

“Pastorale americana”, di P. Roth.

Grazie di aver risposto alle mie domande.

Alla prossima
Gabrio

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