La figlia del ferro

Titolo: La figlia del ferro

Autrice: Paola Cereda

Editore: Giulio Perrone

Collana: Hinc

Pagine: 238

Prezzo: € 16,00

Uscita: 31 marzo 2022

Recensione

“La figlia del ferro”, pubblicato da “Giulio Perrone editore” è l’ultimo lavoro di Paola Cereda.

Questa volta si tuffa in un romanzo dal sapore storico e con una protagonista che lascia il segno. Infatti, a mio avviso, è un personaggio davvero ben strutturato e al quale ci si affeziona. Il suo carattere ed il suo modo di agire sono sicuramente particolari, ma Iole, questo è il suo nome, è una ragazza davvero in gamba e la si ammira, in particolare, per il suo grande e forte coraggio. A tale proposito vi riporto il passaggio presente in quarta di copertina:

“Quello che molti definirono coraggio

– il coraggio di Iole – era la febbre di un corpo

che reagisce a un’infezione, la naturale resistenza

di un essere umano che prova a sopravvivere.”

Il libro è ambientato a Portoferraio (Isola d’Elba), negli anni della Seconda guerra mondiale .

Il ritmo della storia è dosato al meglio, vivido e presente nel modo giusto, tanto da tenere sveglia la nostra attenzione e conquistarci durante la lettura. Anche i vari colpi di scena, se così si possono dire, sono tutti ben inseriti e la lettura si presenta molto interessante, appassionante e, ogni tanto, anche con una dose di adrenalina presente.

La scrittura di Paola Cereda è, secondo me, sempre molto ben curata, si percepisce che dietro c’è una ricerca, uno studio rigoroso dei fatti, degli avvenimenti storici e delle date, nulla è lasciato al caso. C’è l’attenta presenza di particolari, di analisi e di interesse per quel periodo e per la storia narrata. Tutto ciò la scrittrice riesce a trasmettercelo con grande impeto ed intelligenza.

Confermo, quindi, l’idea che ho sempre avuto della sua penna: è sicuramente molto raffinata ed elegante, anche in tematiche più forti e scottanti. I suoi romanzi sono un piacere per noi lettori perché conquistano fino dalle prima pagine e ci regalano storie appassionanti e ricche di elementi sui quali riflettere e confrontarsi.

In “La figlia del ferro” le figure femminili sono, secondo me, le migliori e danno vita al romanzo, animandolo in modo intelligente e concreto. Questo libro è molto ben scritto in tutti i suoi particolari e ricco di sfumature.

Mi è piaciuto, inoltre, come si destreggia la figura di Iole durante tutta la storia, ossia in modo schietto, onesto e con ampie vedute, senza problemi di giudizi altrui, ma libera di agire e di prendere le sue decisioni, di qualsiasi genere esse siano, dimostrando tanta libertà e ciò, in quel periodo, è da ammirare.

“La figlia del ferro” è un romanzo indicato, specialmente, agli amanti dei libri storici, delle letture ben scritte e ricche di particolari, senza che nulla sia lasciato al caso. Lo consiglio comunque a tutti per la sua bellezza di scrittura, per la storia assolutamente molto avvincente e coinvolgente e per la presenza di Iole.

Qui sotto trovate l’incipit:

“Non si era mai vista brutta, sfortunata o indegna e aveva finito per assomigliare al proprio sguardo che indugiava sull’aspetto per farlo diventare simile alle intenzioni. Iole si mostrava volentieri, avvolta nei vestiti sistemati in più e più occasioni perché fossero sempre al meglio. Su una vecchia maglia, creava uno scollo che prima non c’era. Tagliava un lenzuolo, ripiegava il bordo superiore e aggiungeva un elastico per farci una gonna. Da una sacca di tela ricavava una collana di stoffa o una tasca da mettere a un vestito, per farlo sembrare diverso dal giorno precedente…”

Trama

Iole vive all’Elba, isola di miniere e di ferro. Il bombardamento del 1943 la costringe ad affrontare da sola l’occupazione tedesca e i lunghi mesi che precedono lo sbarco alleato. Figlia di un anarchico, abita a Portoferraio e si mantiene come lavandaia. Mario, un giovane vicino di casa, si accorge di lei, dell’ostinazione del suo sorriso e della determinazione nelle scelte di ogni giorno.

Il 1944 è l’anno dello sbarco delle truppe alleate. Tra i soldati in arrivo all’Elba c’è anche Ibrah, un fuciliere senegalese dell’esercito coloniale francese. Ci sono corpi, nel romanzo: il corpo di Iole e quello di Ibrah, i corpi delle donne e quelli dei soldati. Ci sono parole rubate, impossibili da pronunciare perché portano con loro lo smarrimento davanti alle ingiustizie. Se le storie non raccontate non esistono anche quando sono vere, le parole ritrovate portano alla luce una vicenda realmente accaduta e scavano nella domanda: chi è l’altro? Da lì ripartono per raccontare Ibrah e i suoi fantasmi, Iole e il suo coraggio.

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