Ciao a tutti,
torna in libreria il seguente libro di Chiara Gamberale che ci riconquisterà con la sua scrittura scorrevole, intensa e molto profonda. Una lettura che farà riflettere sicuramente.
Titolo: Una vita sottile
Autore: Chiara Gamberale
Editore: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Pagine: 144
Prezzo: € 14,00
Uscita: 31 ottobre 2018
Trama
C’è un’adolescenza “spensierata e forse banale e forse scontata”, e poi c’è la malattia che all’improvviso divora tutto. Alla fine di quello smarrimento, Chiara – la protagonista di questo romanzo, il primo di Chiara Gamberale, che dell’autrice porta il nome e il cognome – sente che per riemergere, per ritrovare il filo dell’identità, non deve insistere a guardare in faccia il buio, ma piuttosto spostare lo sguardo sulle persone che la circondano. Perché non ci esauriamo nel nostro dolore, anzi: forse la nostra vera essenza continua ad agitarsi ai bordi del dolore, che nel caso di Chiara è quello di una terribile forma di anoressia e bulimia, “un dolore lungo e magro, in bianco e nero”. Così, è un teatro dell’assurdo quello in cui il lettore entra all’urlo di “bisogna essere intensi”, una girandola di sogni, amicizie, paure, buio che fa capolino da una sensibilità spiccata e originalissima. Chiara appare attraverso i legami con gli altri, che sia la scrittura dei diciotto diarietti riempiti insieme a Cinzia sui banchi di scuola o l’amicizia quasi d’amore con Emiliano, che sia la professoressa Ricca del liceo Socrate oppure il cane Jonathan, a cui “importa solo che io sia e ci sia”. Gli anni dell’adolescenza scorrono attraverso una scrittura che rivela in controluce tutta la sofferenza, la fatica di vivere che riempie ogni storia di senso e di gratitudine.
Quarta di copertina
C’è un’adolescenza “spensierata e forse banale e forse scontata”, e poi c’è la malattia che all’improvviso divora tutto. Alla fine di quello smarrimento, Chiara – la protagonista di questo romanzo, il primo di Chiara Gamberale, che dell’autrice porta il nome e il cognome – sente che per riemergere, per ritrovare il filo dell’identità, non deve insistere a guardare in faccia il buio, ma piuttosto spostare lo sguardo sulle persone che la circondano. Perché non ci esauriamo nel nostro dolore, anzi: forse la nostra vera essenza continua ad agitarsi ai bordi del dolore, che nel caso di Chiara è quello di una terribile forma di anoressia e bulimia, “un dolore lungo e magro, in bianco e nero”. Così, è un Teatro dell’Assurdo quello in cui il lettore entra all’urlo di “bisogna essere intensi”, una girandola di sogni, amicizie, paure, buio che fa capolino da una sensibilità spiccata e originalissima. Chiara appare attraverso i legami con gli altri, che sia la scrittura dei diciotto diarietti riempiti insieme a Cinzia sui banchi di scuola o l’amicizia quasi d’amore con Emiliano, che sia la professoressa Ricca del liceo Socrate oppure il cane Jonathan, a cui “importa solo che io sia e ci sia”. Gli anni dell’adolescenza scorrono attraverso una scrittura che, com’è stato immediatamente notato dai recensori, “è ariosa, delicata, penetrante, toccata dalla grazia della leggerezza”, ma nello stesso tempo rivela in controluce tutta la sofferenza, la fatica di vivere che riempie ogni storia di senso e di gratitudine. Chiara Gamberale esordisce a vent’anni con un romanzo accolto con entusiasmo da pubblico e critica, dove già molto si scopre dei libri che l’autrice darà successivamente alla luce: il continuo rimando all’autobiografismo – “attingo a piene mani dal circostante” –, la scrittura viva, duttile nel mescolare alto e basso, la capacità di creare un dialogo espressivo e duraturo con i lettori. Lettori che in fondo al libro prendono la parola, offrendo una ricca testimonianza.