Buongiorno lettrici e buongiorno lettori!
Oggi la protagonista della nuova intervista è Paola della Mariga, autrice del libro “Baby rosa gang” pubblicato da “Scatole Parlanti”.
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Intervista
1 – Come è nata l’idea di scrivere il tuo libro “Baby rosa gang”?
Scrivendo questo libro ho coniugato la curiosità giornalistica, che non mi ha mai abbandonato, con il mio impegno da oltre 25 anni come insegnante. Da qui la voglia di esplorare i luoghi e scoprire i motivi del disagio in cui ogni giorno si sviluppano vicende simili a quella che narro e l’esigenza di provare a comprendere (senza giudicare) i comportamenti di chi ha avuto la necessità d’imparare sin da piccolo a difendersi contrattaccando per sopravvivere.
Ho iniziato a pensarlo alla fine del 2017, dopo l’uscita della legge 71 che contiene Disposizioni a tutela dei minori per prevenire e contrastare bullismo e cyberbullismo: in quel periodo si sono intensificati i corsi di formazione per noi insegnanti su questo argomento e mi sono ritrovata con tanto materiale interessante su cui riflettere.
In più, ho sempre nutrito interesse per la cronaca e raccolto articoli di giornale su argomenti che mi colpivano: ne avevo diversi sulle gang e su episodi di bullismo, soprattutto femminile. Così nel 2018, partendo dagli spunti raccolti nei corsi d’aggiornamento e collegando alcuni fatti di cronaca ho pensato di romanzare il tutto. Ed ecco “Baby rosa gang”, terminato all’inizio del 2020.
2 – Mi descriveresti il tuo romanzo con tre aggettivi?
Volutamente realistico, a tratti spiazzante, spero cinematografico.
3 – Ci puoi indicare il principale pregio e difetto delle quattro ragazze?
Tra i loro pregi: l’importanza che danno all’amicizia. Le ragazze hanno bisogno di riconoscimento, di appartenenza e li ritrovano nella loro gang: quando sono insieme sulla loro panchina sgangherata si sentono in qualche modo al sicuro, pur nel degrado. Un’altra cosa che un po’ le assolve, anche se non è proprio un pregio, è che più che bulle sono teppiste perché pur compiendo azioni assurde e censurabili nessuna di loro si accanisce intenzionalmente e in modo ripetitivo sui più deboli.
Il difetto di tutte, però non imputabile alle stesse è che vivono senza regole. Nessuno accanto a loro le rispetta, nessuno gliele ha mai insegnate. Forse qualcuno ci ha provato ma non è stato efficace, i genitori sono stati poco presenti, distratti da tanti problemi, poco curanti. Gli esempi negativi attorno a loro le hanno condizionate.
4 – Quali sensazioni hai provato mentre scrivevi il romanzo?
Un forte senso di condivisione, di empatia. Le vicende e gli stati d’animo delle quattro ragazze – di una, in particolare – mi hanno vista così coinvolta che in alcuni momenti l’urgenza di scrivere mi ha fatto dimenticare ogni altra cosa. Ci sono state scene che ho dovuto scrivere fino alla fine e non ho potuto lasciare in sospeso interrompendone anche solo per qualche ora la stesura. Il loro disagio è diventato il mio, anche perché so che tante ragazze purtroppo vivono davvero situazioni analoghe.
Nel libro non c’è nulla di autobiografico ma chi scrive riporta sempre qualcosa di sé anche quando racconta una storia che sembra non aver nulla a che fare con la propria. I personaggi escono sempre dalle emozioni, dalle nevrosi e dalle paure di chi scrive. Personalmente ho veicolato la mia angoscia attraverso la scrittura: purtroppo, per le tematiche mi ha aiutato la cronaca.
5 – Ci parli un po’ della copertina: come l’hai scelta e il perché delle mollette per il bucato?
Mentre il titolo è mio, quello originale con il quale il romanzo è nato (anzi, è stato quello da subito, quasi prima di iniziare a scriverlo) la copertina è stata ideata dal grafico della casa editrice Scatole Parlanti, Luca Verduchi. Le quattro mollette rosa rappresentano le quattro ragazze le cui esistenze sono appese a un filo… in balia de(gl)i (e)venti…
6 – Scaletta sì o scaletta no e sapevi già il finale?
Scaletta sì, assolutamente! Anzi, una grande mappa concettuale che si è arricchita di continuo anche se prima di iniziare a scrivere avevo quasi tutto in testa, finale compreso. Volevo mostrare il degrado ma proprio attraverso il finale (che ovviamente non rivelerò) mi premeva dare un po’ di speranza.
Il libro è un ibrido tra indagine e racconto, come accade nel giornalismo narrativo. In realtà non ho scelto questo particolare stile, piuttosto è la tematica scelta che mi ha naturalmente portato a trattarla con questo stile. Ci sono i fatti nei capitoli narrativi e descrittivi, ben separati dalle opinioni che sono invece racchiuse in quelli riflessivi. Questa alternanza è fatta apposta per contestualizzare le vicende narrate, come in un continuo gioco di messa a fuoco.
7 – Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo libro?
Un giorno ho detto a mio marito che mi sarebbe piaciuto trascorrere una giornata a Milano: viviamo a Piacenza che si trova poco distante. Di solito andiamo lì a visitare qualche mostra, a salutare alcuni amici o a fare shopping in centro e quindi lui pensava al solito itinerario.
Invece, una volta arrivati alla barriera autostradale ho tolto dalla borsa il mio taccuino con appuntate una serie di località dell’hinterland che volevo vedere di persona per poterle descrivere nel libro e l’ho costretto a modificare il percorso. E così abbiamo trascorso tutto il tempo a fare sopralluoghi cercando però di non dare nell’occhio perché in alcuni di questi posti l’atmosfera era davvero poco rassicurante.
8 – Come ti descriveresti con tre aggettivi?
Curiosa, sentimentale, anacronistica.
9 – Quali sono le tue passioni e hobby?
Sono una madre, sono ancora una figlia, mi dedico con entusiasmo al mio lavoro… il tempo che mi rimane è veramente poco. La scrittura così come la lettura sono le mie grandi passioni, ma non sono certo hobbies: la scrittura è sempre stata una costante di ogni mia occupazione, prima di giornalista e ora di insegnante. Parlando invece di passatempi, mi piace molto cucinare e ascoltare musica.
10 – Infine una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?
Ho da sempre una particolarità: leggo tre libri contemporaneamente. Di solito uno è scelto tra le novità anche impegnative e quindi prevede una lettura più attenta; un altro è più “leggero” per i momenti in cui desidero rilassarmi ed il terzo o è una rilettura, oppure ha qualcosa a che fare con il mio lavoro.
In questo momento sto leggendo “Le notti della peste” di Orhan Pamuk, “Strega comanda colore” di Chiara Tagliaferri e sto rileggendo “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari. La prossima rilettura pronta sul comodino è “Follia” di Patrick McGrath.
Biografia
Paola della Mariga, Giornalista Pubblicista dal 1987, dopo aver lavorato come responsabile delle pagine degli spettacoli del quotidiano “Corriere Padano di Lodi” e collaborato con altre testate, dal 1994 è insegnante di ambito linguistico-espressivo alla scuola primaria “P. Giordani” di Piacenza.
Nel 2005 ha firmato la sceneggiatura del corto “Gli amici del signor Nino” di Andrea Canepari e nel 2010 quelle dei “Dodici piccoli corti” di Paolo Guglielmetti. Nel 2015 ha ideato e curato con l’artista Joe Colosimo, la mostra “Minou, il filo amico” (contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle diversità di genere) presso la galleria Biffi Arte di Piacenza. Nel 2014 ha pubblicato per LIR il suo primo romanzo, “Nature vive”, una storia di sentimenti e di riconoscenza.
“Baby rosa gang” (Ed. Scatole Parlanti, dicembre 2021) è il suo secondo romanzo.
Ti ringrazio di aver partecipato all’intervista.
Alla prossima!
Gabrio